mercoledì 24 febbraio 2021

Madri, figli e amministrazioni di sostegno

 


La rivedrò ancora viva?

Mi chiamo Gigi Monello e sono un ex-insegnante di filosofia. Dopo 40 anni passati nella Scuola Pubblica, faccio ora, a tempo pieno, ciò che in passato facevo nel tempo libero: lo scrittore e l’editore. Nel WEB notizie su di me.

Dallo scorso 21 luglio vanto anche il titolo di indagato per maltrattamenti in famiglia (in danno di un genitore). Debbo questo onore all’ Amministratrice di sostegno di mia madre, un Avvocato cagliaritano che, di concerto con due miei stretti congiunti, ha sporto querela contro di me. Il caso giudiziario che mi vede protagonista, è talmente stupefacente –  e allarmante – che ho deciso di renderlo pubblico. È giusto che si sappia cosa può accadere, in Italia, ad imbattersi nella cosiddetta Amministrazione di sostegno.

Il citato Avvocato è stato nominato nell’ ottobre 2019 al fine di risolvere un conflitto tra me e una stretta congiunta circa la scelta della badante per mia madre. Dall’aprile del 2019 ella era tenacemente impegnata nel programma di ri-affidarla ad una operatrice da me allontanata per la sua durezza di carattere. Come figlio convivente avevo avuto modo di osservarla per anni, nelle 24 h; e quotidianamente ascoltavo le lamentele dell’assistita. L’insistenza della mia congiunta per un reintegro e la posizione di forza che le dava la delega sul conto pensione, hanno alla fine portato alla Amministrazione di sostegno.

A seguito della querela, il 21 luglio scorso sono stato “urgentemente” allontanato dalla abitazione in cui vivevo da 57 anni (celibe e proprietario di una mia abitazione, avevo continuato a convivere con i genitori), con assoluto divieto di avvicinamento alla “persona offesa”. Un rapporto affettivo durato un’intera vita è stato stroncato brutalmente; in pochi minuti; senza che si potesse neppure tentare di dare una spiegazione, una scusa. 
Il reato contestatomi (articolo 572 del C.P.) è cosa assai seria: prevede una pena minima di tre anni di detenzione. Insomma, sto in compagnia di quei signori che prendono a botte la moglie.

Per 158 lunghissimi giorni non l’ho né vista, né sentita; né ho saputo più nulla di lei. Come abbia reagito a questa improvvisa scomparsa, non lo so. So cosa ho passato io; cose difficili da mettere sulla carta.
Il 26 dicembre, in occasione del Natale, il Giudice mi ha concesso di vederla per un’ora, in presenza della badante da me licenziata (nel frattempo restaurata nel ruolo) e di un amico di famiglia. Con espressa disposizione, mi è stato fatto divieto anche solo di accennare alla vera causa della mia scomparsa; mia madre, le cui facoltà mentali sono indebolite ma non assenti, al momento è convinta che io l’abbia lasciata volontariamente. Cioè che sia divenuto freddo e indifferente e abbia smesso di amarla.

Intanto, il 30 dicembre il PM ha concluso le indagini preliminari e la parola, ora, passa al Giudice dell’Udienza Preliminare. I tempi? Impossibile dirlo; potrebbero passare 3, 4 mesi.

Dopo l’audizione dei testi a discarico, sulla base di un quadro dei fatti modificatosi a mio favore, i miei legali hanno, ai primi di febbraio, presentato istanza di revoca della misura cautelare, cioè del divieto di avvicinamento: questo avrebbe potuto permettermi – fermo restando il naturale corso della vicenda giudiziaria – di visitare periodicamente mamma; che, non l’ho ancora detto, va per i 99, e soffre di gravi patologie. Il Giudice delle Indagini Preliminari ha, però, rigettato l’istanza. A questo punto, la possibilità di non rivederla più viva, si fa sempre più consistente.

Prove schiaccianti?

Nella sua Ordinanza, il Giudice ha sostenuto che esiste a mio carico un “solido quadro probatorio”. Considerando quanti elementi dubbi si trovino sparsi negli atti di indagine, la formula stupisce non poco. Vediamo i principali:

 1) L’Amministratrice, che il 24 marzo 2020 mi querela indicandomi come persona pericolosa per la salute psico-fisica e “financo per la vita” dell’anziana, nei fatti lascia che mia madre resti sola con me per un’ora e mezza (nell’intervallo tra i turni delle badanti), dal lunedì al venerdì; e ciò sino al 21 luglio 2020.

2) Nella querela l’Ads mi accusa di avere disturbato il sonno di mia madre; ed aggiunge che ciò avveniva in concomitanza con “lamenti e grida” della stessa. Avrei dunque disturbato il sonno di una persona sveglia.

3) All’origine del dissesto delle finanze dell’assistita secondo l’Ads ci sono io (sono ostacolo all’assunzione di una badante convivente); a novembre 2020, la medesima comunica, però, che dei tre stretti congiunti tenuti a versare un contributo mensile, nei 10 mesi trascorsi due l’hanno fatto per 10 volte e uno per una sola volta. E ha la cortesia di precisare che quell’uno, non sono io.

4) La Querelante che a marzo mi accusa di impedire l’assunzione della badante unica, è la stessa persona che a dicembre 2019 riconosce che la beneficiaria ha bisogno di assistenza notte e giorno (il diuretico fa che si bagni spesso) e, addirittura, porta le badanti da due a tre. Ciò che a dicembre era impossibile, diviene realizzabile a marzo. Mistero.

5) Tre badanti testimoniano contro di me; delle tre, una è stata in prova in casa nostra per 14 giorni (mai operando la notte), mentre un’altra, sebbene mi descriva come fattore di disturbo, aggiunge che agisco “con spirito ed intenti protettivi” nei confronti di mamma.

6) Altre due badanti, sentite successivamente, ribaltano quanto detto dalle prime tre; una di esse ha svolto servizio per un mese, operando anche la notte; l’altra è stata in Casa Monello-Meli da metà 2015 sino al 13.3.20 (data del suo improvviso licenziamento). Entrambe parlano di rapporto d’amore tra me e mia madre; riferendo, tra le altre cose, che durante le mie assenze chiedeva sempre di me. Una delle due chiarisce poi il dettaglio delle presunte ingiurie a mia madre, udite da una vicina: erano invettive-sfoghi dati in sua presenza e rivolti alla stretta congiunta.

Se ora ci si ricorda, che il reato contestato è maltrattamenti in famiglia, cioè violenze, umiliazioni, prevaricazioni, vessazioni su un congiunto o un convivente, si converrà che il solido quadro probatorio dà nel surreale.

 

Come liberarcene?


Circa 15 giorni dopo la mia visita natalizia, la mia stretta congiunta si è premurata di inviare all’Amministratrice una “Lettera-Relazione”, con preghiera di farla pervenire al GIP. In essa, illustrando gli effetti (nel tempo) della mia presenza di un’ora accanto a mia madre, riferisce di difficoltà nel mangiare e nel bere, aumento dell’aggressività, scarsa propensione al dialogo, problemi di articolazione della parola, disturbi del sonno, incubi ed allucinazioni notturne. Tutto ciò a causa della mia incapacità nello scegliere le giuste modalità di conduzione di quel colloquio di un’ora.

La grave colpa nella scelta delle “modalità”? Aver ricordato a mamma una automobilina verde che le avevo regalato e che le piaceva tenere in mano; e una targa commemorativa dedicata ai meriti sul lavoro di suo marito. Nella “Relazione” viene anche suggerito un rimedio: se il Giudice vorrà, in futuro, ancora autorizzare l’incauto a visitare la persona offesa, lo affidi a mani esperte e assicuri la presenza di una Psicologa o di un’ Assistente sociale.

È giusto fare presente che il GIP ha fatto suo questo “allarme”, ponendolo tra le ragioni a favore del rigetto dell’istanza di cui sopra.

 

Domani?

Come già detto, ho potuto incontrarla per 1 h, il 26 dicembre; dopo 158 giorni di totale assenza (e 67 anni di convivenza ininterrotta; la mia età). Il Giudice mi ha consentito di non essere scortato dalla forza pubblica; ha ritenuto sufficiente la presenza della badante e di un amico di famiglia. Naturalmente è convinta che me ne sia andato di mia volontà. Abbiamo parlato di tante cose del passato vicino e lontano; quel passato che è la sua identità; la sua dignità. Pezzi della sua vita sono riaffiorati: una passeggiata serale di due estati fa, un impiegato della scuola dove ha insegnato, il nome dell’Istituto Magistrale frequentato da ragazza, in Sicilia. Quando sono andato via, alla mia promessa di tornare a trovarla ha replicato con un “Domani?”

 


Per meglio documentarsi sul mio caso:                                             Gigi Monello

Picciokkumalu.blog.spot
Post di settembre, ottobre,
novembre 2020

Contatti  gigimonello@tiscali.it


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

6 commenti:

  1. Sono sempre più indignato ed asterrefatto. Non se ne può piùdei continui casi di mala giustizia. E'veramente urgente una seria riforma della giustizia che possa almeno ridurre certi scempi. Non dico altro per non correre rischi.
    vincent41zizi@gmail.com

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  2. Come scrissi anche in precedenti occasioni, la figura dell'amministratore di sostegno, istituita per sostenere chi sostegno non ha, per quel che la mia modesta esperienza mi ha insegnato, si rivela non soltanto inadeguata a svolgere il ruolo per cui è stata prefigurata, ma in taluni casi, di fatto, rappresenta un vero e proprio ostacolo per la tutela dei più elementari diritti dell'assistito.
    Caro Gigi, credo che tu abbia dimostrato un'integrità psichica eccezionale, visto che sei sopravvissuto a questa drammatica esperienza con una strenua forza, che ti consente tutt'oggi di continuare la tua giusta e sacrosanta battaglia.
    Io (ma non credo di essere la sola), al tuo posto, sarei stata sopraffatta dallo sconforto, e sarei crollata inerme di fronte a tanta "ingiusta giustizia".
    Ti auguro di riuscire a far valere i tuoi diritti e vincere questa lunga battaglia. La forza dei tuoi sentimenti ti suggerirà le strade opportune per continuare ad affrontare questa amarissima vicenda.

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  3. dici bene Caterina, la sofferenza c'è, sottile e inesprimibile; ma c'è pure la "forza morale" della verità; i calunniatori, i veri maltrattatori di anziani, speravano nel silenzio; e hanno avuto la giusta pubblicità per le loro ignobili azioni. E siamo solo all'inizio.

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  4. Ciao Gigi, alcune volte abbiamo commentato insieme il degrado dei rapporti relazionali che ultimamente ha investito l'ambiente scolastico ma da quanto emerge dalla tua esperienza famigliare sembrerebbe che il fenomeno di imbarbarimento dilaga nei diversi contesti istituzionali, compreso quello della famiglia. Non è da oggi che le scienze denunciano la diffusione invasiva, nel tessuto sociale, delle patologie mentali che disgregano i rapporti umani, la stessa cattiveria è un sintomo di tale disagio. Non saprei valutare se sia più urgente una riforma dell'amministrazione della giustizia o un intervento pedagogico emergenziale che miri a rifondare l'igiene mentale dell'individuo. Nel frattempo non rimane da fare quello che stai facendo: difendersi con gli strumenti della conoscenza che con pacatezza e pazienza mettono a nudo la mostruosità.

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