martedì 7 dicembre 2021

Teorie, macchie ed andazzi



C’è in Italia un’Associazione che difende i diritti dei “deboli”: le persone che per malattia, disagio psichico o vecchiaia non sono pienamente capaci di provvedere a sé stesse. Si chiama “Diritti alla Follia”, nasce nel fertile humus del Partito Radicale e ne porta l’inconfondibile impronta (competenza e idealismo). Poche settimane fa a Roma si è svolto il suo 4° Congresso nazionale.
Se il nome risente dell’iniziale prevalere delle tematiche della antipsichiatria, il moltiplicarsi di casi di abusi e deviazioni nel campo della Amministrazione di Sostegno, ha spinto l’Associazione a rafforzare l’impegno su questo fronte.

L’Ads è il nuovo Istituto giuridico che doveva offrire una alternativa più “leggera” alla vecchia “tutela”, e che, per via della sua sorprendente elasticità, ha creato un’onda anomala che dal 2004 sommerge i Tribunali. Un successo strepitoso. Al momento esistono in Italia 260000 soggetti (i “beneficiari”) sottoposti a Ads. Per dare la misura della plasticità della norma, diremo che oggi possono andare sotto Ads, signorine quarantenni affette da oniomania (schopping compulsivo), stagionate mogli alcolizzate, attempati ludopatici incalliti (videopoker, corse di cavalli, roulette e affini), vecchi gentiluomini di campagna (lucidissimi) intenti a finire i loro giorni donando ai bisognosi; e persino Docenti universitari di fama mondiale che, superati gli ottanta, divengono “circonvenibili”. Chissà che un bel mattino la radio non ci dica di un coniuge cui è riuscito il colpaccio di mettere sotto amministrazione il partner erotomane (con Ads rigorosamente dello stesso sesso).

Tra le molte voci sentite al Congresso, c’è stata (in video) quella di Paolo Cendon, autore della Legge 6/2004, Ordinario di Diritto Privato a Trieste, studioso ed esperto di indiscussa statura. Il suo intervento è stato interessante sotto un triplice profilo: 1) per ciò che ha detto; 2) per come lo ha detto; 3) per ciò che non ha detto. Seguiremo l’ordine:
1) nonostante le criticità, piaccia o meno, la fragilità esiste ed è più vasta di quanto si crede; ci sono in Italia 260000 beneficiari, ma la platea potenziale è di circa 4 milioni di soggetti fragili (deboli, ma non tanto da essere interdetti); senza l’Ads rischiamo di abbandonarli. Per le difficoltà registrate in quindici e passa anni di applicazione, si può pensare ad un Regolamento attuativo più stringente verso il potere dei Giudici Tutelari: buone pratiche, limiti, sorveglianze, protocolli più esatti. Ma l’impianto è sano. Bene sarebbe, poi, uno Sportello di ascolto e, più in generale, un Contropotere che vigili sopra i potenziali abusi. Casi di disfunzioni, per quanto dolorosi, non inficiano comunque la sostanza.
2) una lunga captatio benevolentiae, dove subito si percepisce, mescolato ad affabilità e caldi apprezzamenti, un senso di olimpica superiorità: “sono d’accordo che esistiate” (prontamente stemperato con un “sono felice che ci siate”); fate un lavoro “meraviglioso e meritorio” ma “vi devo muovere dei rimproveri” (critiche e obiezioni sono per i pari grado); il vostro progetto di Ombudsman alla svedese? “Disneyland”. Il vostro sospettare chissà quali segrete familiarità tra Giudici e Ads? “Paranoico”. I vostri Documenti? “Quando i Giudici li leggono si mettono le mani nei capelli” (rimandati a settembre).
3) neppure mezza parola sul fatto che delle 260000 Ads, il 26% (dunque 67600 persone) è affidato ad “esterni” (non famigliari), cioè ad avvocati e commercialisti (dato AIASS); neppure mezza parola sul carattere smaccatamente economicistico assunto dalla mansione (che per legge sarebbe dovuta, nell’ordinario, restare gratuita); silenzio di tomba sul fatto che gli Ads esterni curano decine e decine di beneficiari (a volte 60 e anche più); silenzio sul fatto che è prassi abituale che il Giudice non si prenda affatto la briga di ascoltare il Beneficiario (ancora capace) su ricovero in struttura o rapporti affettivi da mantenere o interrompere, lasciando tutto nelle mani del Dominus. Nemmeno mezza parola sull’avvitamento perverso tra Ads e ricorso a go go al reato di circonvenzione di incapace; andazzo che ha generato una valanga di casi dubbi.

Spontaneo riaffiora un ricordo: diversi secoli fa, un dottissimo Professore padovano non potendo accettare che la perfezione dei Cieli aristotelici venisse rovinata dall’esistenza di montagne sulla luna e macchie sul sole, pare si rifiutasse di guardare nel cannocchiale. La teoria era salva, ma macchie e montagne restarono testarde al loro posto.

mercoledì 3 novembre 2021

trombe e trombette




Carta di imbarco: ispezione a bordo. Tra qualche giorno potrò finalmente appurare se la GRIMALDI è meglio della TIRRENIA-MOBY.

Poi, siccome mi trovo dall'altra parte, e gli amici RADICALI di "Diritti alla Follia" fanno un Congresso a Roma... Perché no? mi sono detto, andiamo a raccontare le gesta superbe e indimenticabili di una splendida AMMINISTRATRICE DI SOSTEGNO, avvocatessa karalitana (al tempo giusto, nome e cognome), che per circa due anni "amministrò" mia Madre.

lunedì 11 ottobre 2021

Un popolo di Santi, Poeti, Amministratori…


 

La sigla suona vagamente iettatoria, ricorda la malattia che decenni orsono si portò via il grande Freddie. ADS significa “Amministrazione di sostegno” ed è l’Istituto creato da un illustre giurista di Trieste, Paolo Cendon, a suo tempo collaboratore di Franco Basaglia. Ottime le intenzioni, sconcertanti i risultati. L’obiettivo era una tutela più blanda e rispettosa per persone deboli ma non incapaci; la realtà – parliamo di amministratori “esterni” – è una nuova, strisciante forma di schiavitù legale e la nascita di un autentico affarismo geriatrico.

La Legge 6/04 candidamente richiama la “gratuità” della mansione o, al massimo, l’equo indennizzo nel caso di gestioni difficoltose; e questo nel paese che vanta una pletora di avvocati sotto-occupati come nessun altro al mondo. Era così difficile immaginare cosa sarebbe successo a far balenare a siffatta platea, un reddito integrativo senza “impegni d’aula”, con l’aggiunta della torbida gratificazione dell’esercizio di un dominio sulle altrui vite? Era così difficile ricordare l’eterna, italica mentalità che nel ventennio produsse il “Capo-fabbricato”, il gerarchetto di condominio che controllava la moralità dei casigliani?

I casi dubbi crescono a vista d’occhio; coinvolgono Star e poveri Cristi. Di pochi giorni fa, la notizia sulla “Gina nazionale”: la Cassazione conferma: la novantatreenne attrice ha bisogno dell’Amministratore di sostegno. Il meccanismo è scattato nella sua classica combinazione: 1) anziano con qualche idea originale circa la fase finale della sua esistenza; 2) ottima, buona o, quanto meno, interessante dotazione patrimoniale del medesimo; 3) parenti stretti preoccupati che un “sopravvenuto” sfili loro sotto il naso un sostanzioso peculio.

Capita, dunque, che la “Bersagliera” conosca anni addietro un trentaduenne sveglio, gaio e spigliato, che tanto entra nelle sue simpatie da indurla ad affidargli compiti fiduciari vari: una specie di segretario. Figlio e nipote si allarmano: “Sta a vedere che …”. Più che naturale. La signora vive in una grande villa sull’Appia Antica, circondata da oggetti d’arte e preziosi cimeli di una gloriosa carriera. Ancora popolare, ancora cercata dai media, non disfatta dall’età, si gode serenamente i suoi anni, ben consapevole che non mancheranno certo liquidità e beni di fortuna. E qui entra in scena la 6/04: figlio e nipote “espongono” al Giudice Tutelare: è palese che la Diva viene circonvenuta dall’abile segretario – ufficialmente legato e con figlia battezzata “Gina” -, interessato al cospicuo patrimonio. Lapalissiano. Comincia la battaglia legale; dura sette anni e si conclude (pare) con la pronuncia della Cassazione: il Tutore new model ha da esserci. La Signora è, per caso, svanita di cervello? Non parrebbe. A parte bizze, impuntature e beate sbadataggini contabili (ma queste son cose anche di Divi/e trentenni), tutto lascia pensare che la testa funzioni. Gli stessi Giudici lo dicono: le perizie mediche non hanno rilevato nessun disturbo psichiatrico. E allora? Allora si passa alla categoria del “vago e dell’indefinito”: il soggetto sarebbe “suggestionabile”, “vulnerabile”, “indebolito”; insomma circonvenibile. Cerca, il gentil Segretario, prevalentemente il peculio? Tutto può essere. Ma stando a quanto si sa sui passati rapporti tra Diva e congiunti (da lungo tempo non buoni), l’ipotesi che questi agiscano per motivi non troppo diversi, è plausibile.
Vedremo le prossime puntate (se ce ne saranno). Intanto la Gina conferma l’onestà dell’Assistente, scrive indignata a Mattarella, minaccia pubblicamente (gettando nella disperazione il sindaco di Castel San Pietro Romano, il borgo di Pane, amore e fantasia dove è ricevuta come una Santa Patrona) di andarsene dall’Italia.

Terreno fertile, l’ambiente delle glorie del Cinema. Da poco è spuntato fuori anche Lando Buzzanca, maschera scanzonata di un certo machismo all’italiana; anche lui all’incirca con lo stesso copione. Da cinque anni sta pubblicamente con una donna di 40 anni più giovane (il Silvio nazionale batte da sempre tutti, ma nessuno osò mai dire che stesse rincoglionendo); due figli subodorano perfida frode e imbracciano la Cendon. La sospettata - giornalista, autrice e conduttrice TV - non parrebbe esattamente corrispondere al tipo della cacciatrice di dote. Il programma era di sposarsi; ora, per vederlo una sola volta in ospedale, dove l’attore è da tempo ricoverato, la fidanzata deve inginocchiarsi di fronte ad un Amministratore. Per parte sua, l’amministrato così commenta, “I miei figli mi vogliono far passare per rimbambito, vogliono vendere la mia casa bellissima e vogliono mettermi qualcuno accanto che gestisca i miei soldi e i miei beni. Non merito di finire così”.

Dalla Roma delle leggende del Cinema, passiamo adesso ad un ameno paese del Lecchese, Airuno, tra verdi colline e l’Adda. Ad Airuno viveva in santa pace, dedito ad agresti occupazioni, un novantenne ricco di famiglia, Carlo Gilardi, professore in pensione, galantuomo, persona colta, perfettamente presente a se stesso. Un unico difetto: la decisione di trascorrere la fase conclusiva della sua vita nello “spirito francescano” (parole sue). L’anziano fa beneficenza, regala, ospita, aiuta i bisognosi (di ogni razza), dona al Municipio del suo paese. Un esagerato. La sorella obietta: il congiunto sperpera sconsideratamente il “peculio di famiglia”; va fermato. Il mezzo c’è, basta indicarlo come “circonvenibile”. Scatta la trappola: solita sequenza: domestico straniero fiduciario dell’anziano denunciato, Amministratore nominato; a perfezionare il tutto arriva, su istanza del dominus, il ricovero coatto in RSA. Il francescanesimo non è roba per i nostri tempi.

E veniamo adesso al caso in assoluto più stupefacente. Non ci sposteremo di molto. Nella civilissima Torino, in uno spazioso appartamento del centro, vive Gianni Vattimo, 85 anni, ex docente universitario, filosofo, studioso, saggista, politico, personaggio stranoto. Ancora oggi Vattimo scrive, lavora, rilascia interviste, partecipa a convegni, ha una ricca vita di relazione. È il filosofo italiano più tradotto all’estero. Checché si voglia dire del suo “pensiero debole”, proposta filosofica alla moda tra anni settanta e ottanta (impietosamente satireggiata da un suo collega di Facoltà), Vattimo è un uomo di alta qualità intellettuale e sicura rispettabilità morale. Sulla integrità delle sue facoltà mentali non esiste il minimo dubbio. Eppure un Giudice lo ha ritenuto “circonvenibile” e, puntualmente, il giovane segretario fac-totum sud-americano che da anni lo assiste, è stato denunciato. Qui non ci sono congiunti, solo solerti “amici”, i quali per “proteggere” il benestante professore hanno segnalato al Tribunale l’incombente pericolo. Da parte sua, l’interessato così commenta, “Non credo proprio di essere rincoglionito. Alcuni pseudo amici pensando di farmi un favore mi hanno nominato questo amministratore di sostegno (…) Non sono completamente interdetto, ma devo chiedere a lui per qualsiasi cosa. Spero si tolga dai piedi al più presto.”

Certo, se anche Gianni Vattimo è sotto amministrazione di sostegno, bisognerà pur convenire che qualcosa di veramente “infernale” c’è in questo arnese giuridico circolante per l’Italia. In effetti, se si considerano le sue pressoché sconfinate potenzialità di applicazione, si può seriamente affermare che, superati i 70, quasi tutti siamo a possibile rischio.
Facciamo un esempio: mettiamo che un signore, per 40 anni diligente impiegato dello Stato e con un passato giovanile di rockettaro, decida, una volta in pensione, di riappropriarsi dei vissuti di una volta. Non gli basta però ricordare; vuole rivivere. Visto che la sua passione è sempre stata il chitarrismo elettrico, eccolo fare sodalizio con giovane artista di strada, con il quale, a domeniche alterne, si esibisce sulla pubblica piazza, stivaletti ai piedi e cappellino d’epoca in testa. I nipoti riflettono: “Sta a vedere che s’è rincoglionito e tutto il peculio svanisce in Rock and Roll? Qui ci vuole un bell’Amministratore di sostegno, possibilmente uno sperimentato Avvocato, specialista in Rinscimuniti & Affini”. Impossibile? Visti i precedenti, non pare.

Vogliamo chiudere con una “fantasticheria”: ricordate quel tal Conte marchigiano bibliofilo, molto bigotto e molto reazionario? Quello che, fosse stato per lui, non ci sarebbe mai stata istruzione elementare per il popolo? Beh, se per immaginosa ipotesi ai suoi tempi fosse esistito un Prof. Cendon, state tranquilli che sarebbe finito sotto Amministrazione di sostegno anche Giacomo Leopardi.

                                                                                                     
                                                                                                      Gigi Monello

domenica 1 agosto 2021

mia madre


è andata via di domenica, intorno alle 16; di anni 99 passati; a casa sua, nel suo letto; senza soffrire -a quanto mi hanno detto-, nel sonno pomeridiano; qui credo che sia sui 30, anni '50, Cagliari; non era bella?

sabato 31 luglio 2021

PRIMI DUBBI


Su istanza dei miei legali, il Gup (2° Giudice inquirente), dopo aver esaminato tutte le risultanze ad oggi in suo possesso, ha modificato l'Ordinanza cautelare del Gip (1° Giudice inquirente), autorizzandomi a compiere visite settimanali a mia madre, della durata di due ore ciascuna.
 

mercoledì 21 luglio 2021

un anno

Cara Mamma, ieri è stato un anno esatto; orribile anniversario; un anno esatto di lontananza. Tre visite di un'ora; soltanto; dopo una intera vita assieme. Previa richiesta scritta ad un Giudice, che legge e concede. 

Avrei voluto continuare a farti compagnia sino alla fine, con questi giochi rituali, l'uscita in terrazza nei giorni di sole, dopo aver passato buoni minuti a scegliere un foulard tra quella cinquantina di pezzi che avevi accumulato. Ogni volta uno diverso. 
In terrazza, a guardare la strada, a notare un dettaglio da cui far nascere un ricordo... Avrei voluto, sino alla fine, proseguire con questo ed altri giochi; sfogliare immagini sullo schermo del telefono; riconoscere i parenti nelle foto di famiglia; i personaggi di antiche trasmissioni Rai. Questo ed altri giochi. Perché, anche a 98 anni, avessi ancora piccoli progetti. Ti sentissi importante. Meno infelice. Perché la vita è fatta di progetti, anche a 98 anni; anche malati gravemente.

Non è stato possibile: la pochezza morale di alcune persone lo ha impedito. Il danno è fatto. Nessun risarcimento, risarcirà te della solitudine abbrutente in cui, chi si doveva curare di te, ti ha fatto vivere. Sola, con un'estranea. Che nulla sa di te. E che, di notte, dovrà pur dormire. Nessuno disturba più il tuo sonno, cara Mamma. 





 

venerdì 18 giugno 2021

un amore ammazzato per futili motivi

 



Per dirlo

La parola più giusta? Direi mostruoso. Tra le tante che mi vengono in mente, è la più adatta. Togliere il figlio per far tornare una badante. È ciò che una stretta congiunta è riuscita ad ottenere dopo la Querela sporta contro di me da un’ Amministratrice di sostegno. Il figlio prediletto, da una vita il più vicino alla madre, allontanato allo scopo di rimettere sul trono un’ assistente. Cosa enorme e aberrante; che viola una scala naturale di valori da tutti sentita più forte e ragionevole. L’ultimo tratto di vita di una madre, passato in compagnia non dell’unico figlio convivente, ma di un’estranea; per di più dura e anaffettiva. Incredibile, ma è successo.

Chi sono

Mi chiamo Gigi Monello e sono un ex-insegnante di filosofia. Dopo 40 anni passati nella Scuola Pubblica, faccio ora, a tempo pieno, ciò che in passato facevo nel tempo libero: lo scrittore e l’editore. Nel WEB notizie su di me. Dal 5 di maggio, giorno dell’Udienza Preliminare, sono ufficialmente imputato per “maltrattamenti in famiglia”. Non avendo un bel nulla di cui vergognarmi (anzi), ho deciso di dare massima pubblicità possibile alla mia vicenda. Che suppongo diventerà il più singolare caso di maltrattamenti in famiglia della storia giudiziaria italiana. Quanto alla cosiddetta Amministrazione di sostegno (AdS), è giusto che l’opinione pubblica sia informata su quanto può accadere, in Italia, ad imbattersivi.

Questa storia in breve

Nell’aprile del 2019, visto che mamma da tempo se ne lamentava, licenzio l’assistente scelta dalla mia congiunta. Il fatto la indispettisce a tal punto da indurla ad intraprende una strenua, logorante battaglia per la restaurazione del suo idolo. Troppo frustrante la perdita di ruolo. Le cose arrivano ad un punto tale che chiedo la nomina di un AdS. Questi - un avvocato cagliaritano - sin dalle prime battute si mostra in sintonia con la mia parente e, per vaghi accenni, lascia intendere che non esclude il desiderato reintegro. Maturato il momento, tenta la strada dell’invito ad andarmene pacificamente; poi, vedendo che non sloggio, passa alla Querela, imbastendo un apparato di fatti distorti o semplicemente inventati. Il tutto col pieno appoggio della mia congiunta e di un altro stretto parente. L’Autorità inquirente recepisce e il 21.7.20 mi allontana.

Un ragionevole dubbio

Si usa dire che per punire qualcuno bisogna aver raggiunto quella condizione psicologica riassumibile nell’espressione, “aldilà di ogni ragionevole dubbio”. È successo? Due soli particolari:
1) nelle carte delle indagini è possibile individuare un secondo fine della Querela. Direte, ben nascosto, serpeggiante. Neanche per sogno. I tre accusatori, ti fanno loro stessi la cortesia di dire chiaro e tondo come stanno le cose: per 18 volte (diconsi diciotto) nei verbali ricorre un nome ed un cognome. Di chi? E di chi se non di Lei: la “Prodigiosa”; quella che, qualora venisse fatta tornare, saprebbe di colpo sanare ogni problema: da quello della troppa pipì fatta la notte, a quello della non più sostenibile spesa di una seconda badante solo per la notte. Uno dei tre - il congiunto - batte in chiarezza tutti gli altri: specifica che la “Divina” per rientrare ha posto un’ unica condizione: che non ci sia io.
Ce ne era abbastanza per farsi venire un ragionevole dubbio?
2) Nei “capi di imputazione” con cui il PM ha chiesto e ottenuto il mio rinvio a giudizio, tra le altre cose si legge: “per aver con continuità maltrattato l’anziana madre (…) comportamento consistito nell’impedirle il sonno notturno facendo incursione nella sua stanza munito di torcia col pretesto di controllare se la stessa necessiti un cambio intimo”.
Se aveste la possibilità di leggere Querela e testimonianza dell’ Amministratrice, trovereste descrizioni di questo tipo: 1) “irrompo” nella stanza, torcia in mano, e rimprovero aspramente mia madre perché, lamentandosi per il panno bagnato, non mi lascia dormire; 2) “irrompo”, sempre torcia-munito, e rimprovero aspramente la badante perché non sta provvedendo a cambiare mia madre che si sta lamentando per il panno bagnato. 3) tutto è quiete e silenzio, quando, sempre a mano armata, “irrompo” e dopo aver svegliato la badante, le impongo di controllare mia madre, nel sospetto possa essere bagnata. Che è un bel quadretto, che più che ad una denuncia per maltrattamenti, avrebbe dovuto orientare verso una richiesta di visita psichiatrica urgente e successivo TSO. Ma, in questo caso, dopo qualche settimana sarei potuto tornare guarito. Meglio la Querela.
Ce ne era abbastanza per farsi venire un ragionevole dubbio?

Materia delicata

Antica abitudine alla lettura, mi porta a documentarmi. Pare che non sia così facile inchiodare qualcuno al reato in questione. Sentite questa: Corte di Cassazione, dicembre 2020: i Supremi Giudici esaminano il ricorso di un tale di Palermo condannato in primo grado e in Appello per “maltrattamenti”: cosina da nulla: due tentati stupri della convivente, il secondo dei quali con atto violento (un morso su una coscia refertato al Pronto Soccorso). Maltrattamenti? Stando alla norma, non se ne può tecnicamente parlare, dato che manca il requisito della “abitualità” della condotta. Limite numerico minimo, non se ne stabilisce; si dice solo che due casi non bastano. Sentenza annullata. Processo da rifare. Per la Suprema Corte il palermitano non maltrattava (c’era il reato, ma non l’abitualità). Per gli Inquirenti, maltratto io, a Cagliari; io che, da un anno e mezzo sacrificavo il mio sonno; io che, dopo il primo lamento andato a vuoto, passati alcuni minuti, sentendola lamentarsi ancora, mi permettevo di chiedere civilmente alla badante di cambiarla di nuovo (c’è l’abitualità, ma sfugge il reato). Chissà che direbbero in Cassazione, se si trovassero il mio fascicolo sul tavolo.

Sospirati riti

All’Udienza preliminare era presente anche la Querelante; posso immaginare a quale dettaglio fosse più interessata. Che farà l’Imputato? Rito abbreviato, sconto di pena, condizionale assicurata, tempi rapidi e poche rogne per tutti? O vorrà osare, pretendere il processo? Disgrazia vuole che non abbia né fretta né paura; non ho un bel nulla di cui vergognarmi (anzi). Mi metto con piena fiducia nelle mani del Giudice del Dibattimento, che finalmente ascolterà voci, vedrà facce, vaglierà con la necessaria lentezza circostanze e logiche di questa straordinaria vicenda. Prima udienza il 15 di dicembre. Già, il 15 di dicembre, tra sei mesi.

15 dicembre

Se penso all’età di mamma (99) mi vengono i brividi. Un tempo infinito. Intanto ho potuto vederla una seconda volta. Due ore in 10 mesi. Processo ancora da fare, punizione già scontata. Scontata da me (fosse solo questo); scontata da lei (e questo mi affligge); la parte estrema della sua vita passata senza il figlio che mai l’aveva lasciata, che più tempo aveva passato con lei; e che l’amava veramente. 15 dicembre, prima Udienza; poi le altre; non si può dire quante; una decina di testimoni, forse di più; interrogatori e contro-interrogatori; una cospicua massa di fatti da ricostruire. Maggio 2022? Giugno? Luglio? Chissà. Mamma sarà ancora con noi? Voglio crederci. Poi, ancora, i prevedibili strascichi penali e civili. Anni di Tribunale.
E tutto questo perché alla stretta congiunta, non le si poteva licenziare la Badante.



Per meglio documentarsi sul mio caso: 
Post a partire da settembre 2020
Contatti
gigimonello@tiscali.it



giovedì 6 maggio 2021

Ragguaglio sopra un maltrattatore di vecchiette


Due cattive notizie. La prima (attesa) riguarda me: sono stato rinviato a giudizio per il reato di maltrattamenti a mia madre. Se mi incontrate, potete chiamarmi “imputato”. La seconda (meno prevista) riguarda frottolieri, trucchisti e spargitori de faulas: nessuna richiesta, da parte dei miei legali, di sconti di pena, benefici di legge, riti abbreviati e lavori accelerati.

Chi si illudeva che tutto si sarebbe risolto con un altro Giudice che scartabella fascicoli e decide in solitudine, si disinganni. Sarà Processo Vero, esame incrociato dei testi, analisi logica dei fatti, contestazione puntuale delle incoerenze, audizione di nuovi testi. Tutti coloro che hanno disinvoltamente parlato e straparlato, dovranno tornare a parlare senza straparlare: questa volta, di fronte, non avranno soltanto un sottufficiale della Benemerita che verbalizza al pc. La prima Udienza è fissata per il 15.12.21. Tra sette mesi. C’est la vie en Italie!

Ma in questo modo - direte Voi - la pena minima rimane “tre anni”, al di sopra del limite della condizionale e noi potremmo trovarci a dovere portare arance ad Uta. Niente paura amici: c’è l’Appello, la Cassazione, la Corte dei diritti dell’Uomo di Strasburgo… Le arance le consegnerete all’infermiera della Casa di Riposo.

mercoledì 24 febbraio 2021

Madri, figli e amministrazioni di sostegno

 


La rivedrò ancora viva?

Mi chiamo Gigi Monello e sono un ex-insegnante di filosofia. Dopo 40 anni passati nella Scuola Pubblica, faccio ora, a tempo pieno, ciò che in passato facevo nel tempo libero: lo scrittore e l’editore. Nel WEB notizie su di me.

Dallo scorso 21 luglio vanto anche il titolo di indagato per maltrattamenti in famiglia (in danno di un genitore). Debbo questo onore all’ Amministratrice di sostegno di mia madre, un Avvocato cagliaritano che, di concerto con due miei stretti congiunti, ha sporto querela contro di me. Il caso giudiziario che mi vede protagonista, è talmente stupefacente –  e allarmante – che ho deciso di renderlo pubblico. È giusto che si sappia cosa può accadere, in Italia, ad imbattersi nella cosiddetta Amministrazione di sostegno.

Il citato Avvocato è stato nominato nell’ ottobre 2019 al fine di risolvere un conflitto tra me e una stretta congiunta circa la scelta della badante per mia madre. Dall’aprile del 2019 ella era tenacemente impegnata nel programma di ri-affidarla ad una operatrice da me allontanata per la sua durezza di carattere. Come figlio convivente avevo avuto modo di osservarla per anni, nelle 24 h; e quotidianamente ascoltavo le lamentele dell’assistita. L’insistenza della mia congiunta per un reintegro e la posizione di forza che le dava la delega sul conto pensione, hanno alla fine portato alla Amministrazione di sostegno.

A seguito della querela, il 21 luglio scorso sono stato “urgentemente” allontanato dalla abitazione in cui vivevo da 57 anni (celibe e proprietario di una mia abitazione, avevo continuato a convivere con i genitori), con assoluto divieto di avvicinamento alla “persona offesa”. Un rapporto affettivo durato un’intera vita è stato stroncato brutalmente; in pochi minuti; senza che si potesse neppure tentare di dare una spiegazione, una scusa. 
Il reato contestatomi (articolo 572 del C.P.) è cosa assai seria: prevede una pena minima di tre anni di detenzione. Insomma, sto in compagnia di quei signori che prendono a botte la moglie.

Per 158 lunghissimi giorni non l’ho né vista, né sentita; né ho saputo più nulla di lei. Come abbia reagito a questa improvvisa scomparsa, non lo so. So cosa ho passato io; cose difficili da mettere sulla carta.
Il 26 dicembre, in occasione del Natale, il Giudice mi ha concesso di vederla per un’ora, in presenza della badante da me licenziata (nel frattempo restaurata nel ruolo) e di un amico di famiglia. Con espressa disposizione, mi è stato fatto divieto anche solo di accennare alla vera causa della mia scomparsa; mia madre, le cui facoltà mentali sono indebolite ma non assenti, al momento è convinta che io l’abbia lasciata volontariamente. Cioè che sia divenuto freddo e indifferente e abbia smesso di amarla.

Intanto, il 30 dicembre il PM ha concluso le indagini preliminari e la parola, ora, passa al Giudice dell’Udienza Preliminare. I tempi? Impossibile dirlo; potrebbero passare 3, 4 mesi.

Dopo l’audizione dei testi a discarico, sulla base di un quadro dei fatti modificatosi a mio favore, i miei legali hanno, ai primi di febbraio, presentato istanza di revoca della misura cautelare, cioè del divieto di avvicinamento: questo avrebbe potuto permettermi – fermo restando il naturale corso della vicenda giudiziaria – di visitare periodicamente mamma; che, non l’ho ancora detto, va per i 99, e soffre di gravi patologie. Il Giudice delle Indagini Preliminari ha, però, rigettato l’istanza. A questo punto, la possibilità di non rivederla più viva, si fa sempre più consistente.

Prove schiaccianti?

Nella sua Ordinanza, il Giudice ha sostenuto che esiste a mio carico un “solido quadro probatorio”. Considerando quanti elementi dubbi si trovino sparsi negli atti di indagine, la formula stupisce non poco. Vediamo i principali:

 1) L’Amministratrice, che il 24 marzo 2020 mi querela indicandomi come persona pericolosa per la salute psico-fisica e “financo per la vita” dell’anziana, nei fatti lascia che mia madre resti sola con me per un’ora e mezza (nell’intervallo tra i turni delle badanti), dal lunedì al venerdì; e ciò sino al 21 luglio 2020.

2) Nella querela l’Ads mi accusa di avere disturbato il sonno di mia madre; ed aggiunge che ciò avveniva in concomitanza con “lamenti e grida” della stessa. Avrei dunque disturbato il sonno di una persona sveglia.

3) All’origine del dissesto delle finanze dell’assistita secondo l’Ads ci sono io (sono ostacolo all’assunzione di una badante convivente); a novembre 2020, la medesima comunica, però, che dei tre stretti congiunti tenuti a versare un contributo mensile, nei 10 mesi trascorsi due l’hanno fatto per 10 volte e uno per una sola volta. E ha la cortesia di precisare che quell’uno, non sono io.

4) La Querelante che a marzo mi accusa di impedire l’assunzione della badante unica, è la stessa persona che a dicembre 2019 riconosce che la beneficiaria ha bisogno di assistenza notte e giorno (il diuretico fa che si bagni spesso) e, addirittura, porta le badanti da due a tre. Ciò che a dicembre era impossibile, diviene realizzabile a marzo. Mistero.

5) Tre badanti testimoniano contro di me; delle tre, una è stata in prova in casa nostra per 14 giorni (mai operando la notte), mentre un’altra, sebbene mi descriva come fattore di disturbo, aggiunge che agisco “con spirito ed intenti protettivi” nei confronti di mamma.

6) Altre due badanti, sentite successivamente, ribaltano quanto detto dalle prime tre; una di esse ha svolto servizio per un mese, operando anche la notte; l’altra è stata in Casa Monello-Meli da metà 2015 sino al 13.3.20 (data del suo improvviso licenziamento). Entrambe parlano di rapporto d’amore tra me e mia madre; riferendo, tra le altre cose, che durante le mie assenze chiedeva sempre di me. Una delle due chiarisce poi il dettaglio delle presunte ingiurie a mia madre, udite da una vicina: erano invettive-sfoghi dati in sua presenza e rivolti alla stretta congiunta.

Se ora ci si ricorda, che il reato contestato è maltrattamenti in famiglia, cioè violenze, umiliazioni, prevaricazioni, vessazioni su un congiunto o un convivente, si converrà che il solido quadro probatorio dà nel surreale.

 

Come liberarcene?


Circa 15 giorni dopo la mia visita natalizia, la mia stretta congiunta si è premurata di inviare all’Amministratrice una “Lettera-Relazione”, con preghiera di farla pervenire al GIP. In essa, illustrando gli effetti (nel tempo) della mia presenza di un’ora accanto a mia madre, riferisce di difficoltà nel mangiare e nel bere, aumento dell’aggressività, scarsa propensione al dialogo, problemi di articolazione della parola, disturbi del sonno, incubi ed allucinazioni notturne. Tutto ciò a causa della mia incapacità nello scegliere le giuste modalità di conduzione di quel colloquio di un’ora.

La grave colpa nella scelta delle “modalità”? Aver ricordato a mamma una automobilina verde che le avevo regalato e che le piaceva tenere in mano; e una targa commemorativa dedicata ai meriti sul lavoro di suo marito. Nella “Relazione” viene anche suggerito un rimedio: se il Giudice vorrà, in futuro, ancora autorizzare l’incauto a visitare la persona offesa, lo affidi a mani esperte e assicuri la presenza di una Psicologa o di un’ Assistente sociale.

È giusto fare presente che il GIP ha fatto suo questo “allarme”, ponendolo tra le ragioni a favore del rigetto dell’istanza di cui sopra.

 

Domani?

Come già detto, ho potuto incontrarla per 1 h, il 26 dicembre; dopo 158 giorni di totale assenza (e 67 anni di convivenza ininterrotta; la mia età). Il Giudice mi ha consentito di non essere scortato dalla forza pubblica; ha ritenuto sufficiente la presenza della badante e di un amico di famiglia. Naturalmente è convinta che me ne sia andato di mia volontà. Abbiamo parlato di tante cose del passato vicino e lontano; quel passato che è la sua identità; la sua dignità. Pezzi della sua vita sono riaffiorati: una passeggiata serale di due estati fa, un impiegato della scuola dove ha insegnato, il nome dell’Istituto Magistrale frequentato da ragazza, in Sicilia. Quando sono andato via, alla mia promessa di tornare a trovarla ha replicato con un “Domani?”

 


Per meglio documentarsi sul mio caso:                                             Gigi Monello

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Post di settembre, ottobre,
novembre 2020

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