Il
tema è confuso e la definizione tutt’altro che univoca (cfr. il
libretto Le Competenze della Fondazione Agnelli) ma se ci ho capito
qualcosa, da parte dei fautori della novità didattico-pedagogica si
sosterrebbe che è molto meglio evitare di imbottire le menti dei
giovani con conoscenze e nozioni (reperibili tra l’altro facilmente
attraverso il web, i social, etc.) e puntare piuttosto sulla
comprensione effettiva di temi e problemi e normalmente si evoca il
fantomatico problem
solving,
locuzione che suona bene ma dietro la quale c’è poco o nulla. Si
ripete la frase di Montaigne, “è
meglio una testa ben fatta di una testa ben piena”,
bella e ad effetto e che viene presa, more solito, dogmaticamente; e
il dubbio perfido mi viene, ma non sarà che i nostri
psicopedagogisti, proprio come i nostri alunni sono incapaci di
storicizzare, di contestualizzare? Anni fa nei momenti di gioco e
svago con gli alunni (carnevale, pizzate, etc.), momenti non solo
piacevoli ma importanti, ero solito raccontare la seguente storiella: Cesare ode il rumore di tumulti e manda un servo a indagare, il
famiglio rientra dicendo: Cesare il popolo chiede sesterzi – No,
ditegli che tirerò diritto. Quale che sia il giudizio sulla battuta,
probabilmente pessima, non la racconto più perché nessuno la
capisce,
nessuno sa
più che la moneta dei romani si chiamava sesterzio. Possibile che ai
nostri professoroni di pedagogia e didattica non venga in mente che,
se
non si sa niente, non si capisce niente, possibile
che non capiscano
che una testa vuota non può essere ben fatta. Angelo Bertozzi