martedì 20 settembre 2016

le cose come stanno

Cyberbullismo e non solo.
Lo psichiatra Tonino Cantelmi
«Per aiutare i
giovani dobbiamo
rieducare gli adulti»
 
di VIVIANA DALOISO  16 settembre 2016
 
Educare gli
adolescenti? «Non
vorrei più sentirne parlare». È forte la
provocazione dello
psichiatra Tonino
Cantelmi,
professore di
cyber-psicologia
all’Università
Europea di Roma e presidente
dell’associazione Psichiatri e psicologi
cattolici (Aippc).
«La verità è che per cambiare gli
adolescenti c’è più che mai bisogno di
adulti. E gli adulti non ci sono: sbiaditi,
insensati, inconsapevoli».

Professore, è un giudizio durissimo.

Lo so. E però serve, ora più che mai, il
coraggio di dire le cose come stanno. I
fatti di Napoli e di Rimini sono
agghiaccianti, ma ci dicono cose che
sappiamo bene ormai.
 
Quali?
 
Primo, che abbiamo ragazzi erotizzati
precocemente. Li nutriamo di immagini
e di un vocabolario sessualizzati, tra i 6
e i 7 anni sono già immersi nella
dimensione della sessualità e – come
ovvio – a quell’età non possono che
essere vittime del più drammatico dei
cortocircuiti: quello che confonde
l’intimità, cioè la sfera dei sentimenti,
con il sesso.
 
E poi?
 
E poi vengono anche digitalizzati
precocemente. Ecco che, sempre tra i 6
e i 7 anni, a volte anche molto prima, gli
mettiamo in mano le tecnologie: le
usano alla perfezione, passano il tempo
davanti allo schermo. E attraverso lo
schermo imparano la tecnomediazione
delle relazioni, in cui l’empatia e le
emozioni dell’altro scompaiono.
Risultato: a una dimensione distorta
della sessualità si aggiunge quella
distorta della percezione dell’altro, che
porta all’aggressività. Prime vittime, le
donne: che in questo percorso finiscono
col non maturare alcuna cognizione del
valore del proprio corpo.
Sono gli ingredienti delle vicende di
questi giorni...
Vicende che però sono solo la punta
dell’iceberg. I numeri parlano chiaro:
oggi circa il 20% dei bambini – si badi
bene, non degli adolescenti – ha già
bisogno di un aiuto professionale in
termini di salute mentale. Siamo di
fronte a un’enorme sofferenza del
mondo dell’infanzia e questo dipende da
un mondo di adulti che hanno smesso di
narrare esperienze dotate di cornici di
senso ai propri figli. I genitori di alcuni
dei miei pazienti ogni tanto mi chiedono
perché i figli cercano tutto su Google.
Perché mancano le risposte altrove,
perché gli adulti sono i primi a perdersi
nella costruzione del proprio profilo
social.
Ripartire dagli adulti, dunque.
Per avere adulti in grado di educare i
giovani con l’esempio e il significato
della propria vita, non con il controllo del
cellulare e dei gruppi Whatsapp. Lì

non arriveremo mai, o arriveremo sempre
troppo tardi.

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